Pubblichiamo la lettera di auguri che l'associazione ECOPOLIS ha inviato al nostro sindaco Fassino, condividendone i contenuti e gli auspici.
Caro Sindaco Fassino,
noi ambientalisti abbiamo
avuto il privilegio di un affaccio storico sullo svuotamento del Comune.
Era il 1993, secondo una periodizzazione condivisa, con
l'avvento della giunta Castellani1, quale riconoscimento del peso del
politecnico nella oligarchia cittadina.
Nel 1992 era iniziato nel nostro Paese lo smantellamento della res publica. Per far fronte alla crisi della lira.
La prima vittima è stata l'industria,
a vantaggio di élite straniere ed italiane, ed è stato l'inizio della
deindustrializzazione del Paese e del crollo del suo ruolo
internazionale assoluto e relativamente alla catena del valore aggiunto.
Dal 1992 al 2002 il Tesoro
gestì direttamente operazioni di privatizzazione per un controvalore di
circa 66,6 miliardi di euro. A questa cifra vanno però aggiunte le
privatizzazioni gestite dall’Iri (sempre sotto il coordinamento del
Tesoro), per un controvalore di circa 56,4 miliardi di euro, le
dismissioni realizzate dall’Eni (5,4 miliardi di euro) e la liquidazione
dell’Efim (440 milioni di euro).
Alla deindustrializzazione si associava le delocalizzazione.
Torino vedeva crescere i cd 'vuoti urbani' in gran parte in capo al
Padrone della Città che iniziava una conversione a marce forzate dei
terreni da destinazione industriale a commerciale e residenziale. In
questo processo la Città ha avuto in parte il ruolo di acquirente, oltre
a farsi carico di tutte le bonifiche che sarebbero spettate al privato.
Inoltre, coerentemente con
il dettame della ideologia liberista per cui il pubblico ha un ruolo
ancillare del privato, è iniziato uno sviluppo ipertrofico del settore cementiero -buchi e torri-.
Il verde pubblico
avrebbe potuto costituire un intralcio entrando in conflitto sulla
destinazione d'uso delle aree, sia 'greenfield' che 'brownfiled' e
perciò è stato lentamente atrofizzato in termini di risorse umane e
finanziarie e assogettato al patrimonio.
Passando ad altre aree di politica ambientale, lo stato larvale e di facciata delle cd 'politiche della mobilità' dovevano accreditare la città come sensibile all'ambiente ma non disturbare gli interessi del Padrone. Analogalmente nel settore rifiuti dove
il business dello smaltimento doveva essere sostenuto: nessuna
strategia reale di riduzione, opacità nella destinazione delle raccolte
differenziate e rachitismo del settore del riciclo destinato a palati
radical shic.
La funzione pubblica di
facilitatore di strategie opposte e in spregio alla agenda 21 (uscita
nel 1992 del Summit ONU su ambiente e sviluppo) di cui l'ufficio
propaganda della città si faceva schermo riceve nel 1997 un importante
impulso dalla cd legge Bassanini (altrimenti conosciute come leggi sulla semplificazione amministrativa): la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante Delega
al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed
enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa.
Essa imponeva in particolare due principi:
- la semplificazione delle procedure amministrative e dei vincoli burocratici alle attività private;
- il federalismo
amministrativo, cioè il perseguimento del massimo decentramento
realizzabile con legge ordinaria, senza modifiche costituzionali
Questa legge ha segnato tombalmente
il passaggio dai comuni alle signorie.
Essa ha consentito tre risultati:
- svuotare il consiglio comunale di qualsiasi ruolo decisionale a favore di altre sedi
- sostituire l'iter
democratico e politico delle delibere con un iter burocratico ma
ugualmente politico delle determine dirigenziali
- consentire di trasformare in un vuoto teatrino la relazione degli amministratori con i cittadini
La calamità olimpica -che
miete vittime in ogni luogo dove si svolge- a Torino si è sommata agli
effetti della cd crisi finanziaria mondiale iniziata nel 2008.
La mannaia dal 2011 cala su
un altro pezzo della res publica: gli immobili, le aziende ex
municipalizzate –energia, rifiuti, acqua, trasporti- già passate in
aziende pubbliche di diritto privato, i servizi educativi, i servizi
socio assistenziali. La cultura è stata ampiamente inghiottita in
fondazioni controllate politicamente dal pd.
L’acrobazia per legittimare e far digerire questo attacco ai diritti universali conquistati da un secolo di lotte si chiama ‘governance’: governare senza gestire, salvo
poi, di fronte al fallimento intrinseco della formula –che ha visto la
complicità del cd Terzo Settore fatto di cooperative di area pd e
cattolica- destinare a mano privata.
Il 2012 vede un accelerazione di questo passaggio.
La Città vende. Ma chi compra?
Il patrimonio è in mano
principalmente a Prelios, Real Estate Asset Management SGR S.p.A. (REAM
SGR) e … Cassa Depositi e Prestiti che si è impegnata ad acquistare in
tutta Italia il patrimonio che le immobiliari non riescono a piazzare o
perchè di scarso pregio o perchè -ancora- troppo costoso.
Le ex municipalizzate finora sono nella pancia di Iren (nel cui cda siede Tom De Alessandri) che ha un debito di 4,3 miliardi e un utile netto dopo le tasse di 110 milioni
I servizi educativi e socio
assistenziali sono passati a Cooperative rosse e di Compagnia delle
opere. Ma nel settore c’è anche De Benedetti.
Non basta. Per rientrare del debito pubblico anche Torino si avvale infatti di Cassa Depositi e Prestiti.
Ricordiamo che due sindaci di Torino vi sono entrati: Chiamparino come presidente della Compagnia di Sanpaolo e Fassino come componente del CDA. Oltre a Saitta in rappresentanza della Unione province italiane.
In questo modo CDP ha
cambiato natura: da struttura di finanziamento del pubblico a coautore
della sua distruzione. In questo modo CDP inzeppa il portafoglio di
passività (tra gli altri CDP ha in pancia Fintecna, nata nel 1993 con il
compito di ristrutturare le attività dei settori delle costruzioni,
dell'ingegneria civile e impiantistica facenti capo all'IRI, nel 2002 la
incorpora; in Cdp Reti, oltre al 30 per cento di Snam, anche del 29,9
per cento di Terna; CDP compra anche obbligazioni in cui sono
cartolarizzati i crediti che le banche vantano verso le PMI).
E’ di questi giorni la notizia che il Comune di Torino vende alla Cassa depositi e prestiti un
basso fabbricato in Via Riberi 6 (angolo Via Gaudenzio Ferrari),
adiacente alla Mole Antonelliana. Fa, cioè, una privatizzazione
casereccia. Tutta l’operazione si sviluppa in casa pubblica. Un soggetto
pubblico (il Comune) cede ad un altro soggetto pubblico (la Cassa
depositi e prestiti) un bene pubblico. L’acquirente (la Cassa depositi e
prestiti) paga l’acquisto con denaro pubblico.
C’è chi l’ha già soprannominata Immobiliare Bassanini,
dal nome del presidente della Cassa Depositi e Prestiti (nonché marito
di Linda Lanzillotta), l’ente controllato dal Tesoro che si sta
comprando mezza Torino. Nelle ultime settimane la Cdp ha acquistato da
Palazzo Civico due immobili di valore che il Comune non era riuscito a
vendere, con aste andate deserte: la comando dei vigili del fuoco in
corso Regina Margherita e l’ex sede dello Csea in via Bardonecchia,
mentre l’operazione legata a via Riberi – lo stabile adiacente alla Mole
che tanto fece discutere nel 2011 – per ora risulterebbe congelata.
Dalla Provincia, invece, la Cassa Depositi e Prestiti ha recentemente
acquistato per 30 milioni la sede di via Lanza valutata 34 milioni che
da anni tentava inutilmente di vendere.
Con questo sistema si perdono un po’ di risorse per strada; un esempio su tutti è quello dell’immobile ex Csea di
via Bardonecchia: quando è stato messo all’asta la prima volta era
stato valutato 4,1 milioni, a due mesi di distanza è stato ceduto a 3,2.
Ancor peggio è andata con la caserma dei vigili: si partiva da una base
d'asta di 8,6 milioni, nelle casse del Comune ne sono finiti 3,5.
Potremmo anche ricordare che
il 18 novembre si è aperto il percorso per realizzare un grande centro
congressi sull’area un tempo occupata dagli stabilimenti Westinghouse,
in via Paolo Borsellino: si tratta dell’appezzamento di terreno,
proprietà del Comune, dove era stato un tempo previsto l’insediamento di
una grande biblioteca, la “Bellini”. Progetto oggi abbandonato in
favore di nuove opzioni (è dei giorni scorsi una mozione del Consiglio
comunale che indica in Torino Esposizioni una possibile nuova sede per
la biblioteca civica centrale), mentre per l’ampio spazio di via
Borsellino di profila appunto un futuro di congressi e servizi.
Il
Consiglio comunale è ora chiamato ad approvare le linee guida per
predisporre il bando pubblico per l’assegnazione del diritto di
superficie (per 99 anni) e per la successiva convenzione tra
aggiudicatario e Comune: la base d’asta è indicata in 16,7 milioni di
euro, ovvero 417 euro e 65 cent al metro quadro.
23 milioni di euro era già costato il solo progetto della biblioteca affidato a Mario Bellini.
Potremmo anche ricordare che sono previsti altri centri commerciali:
nelle aree ex Diatto, ex Westinghouse, Combi-Sisport, Falchera,
produttrici di ulteriore deserto urbano con la cancellazione del
commercio su strada e connesso aumento del rischio sociale.
Che l’area verde ‘Artiglieri da montagna’ diventa verde su soletta, che il passante ferroviario non è ancora partito e che il rifacimento di superficie è ancora da fare.
Che l’inceneritore ha avuto diversi fermi e non c’è informazione sui rilasci in atmosfera.
Che GTT
–nella sua parte che porta reddito: parcheggi e strisce blu- non è
ancora stata piazzata solo perché le varie ACI aspettano che il prezzo
si abbassi.
Che sul versante sociale solo il 37% della popolazione nei 0-3 anni accede a nidi: 4500 in strutture pubbliche e già 2800 in strutture private.
Che la galassia della cultura
su 70 milioni di contributi ne conta 27 dal Comune di cui 20 milioni in
conto capitale –vendita di beni comunali e valorizzazioni. I beni
cartolarizzati consentono di chiedere prestiti alle banche e quindi
alimentano il debito. E’ di questi giorni la trovata di girare alle
fondazioni direttamente gli immobili in vendita!
Potremmo cercare di dimostrare che l’affidamento al privato e alle fondazioni
è inefficiente se comparato al servizio pubblico diretto, sia in
termini economici che di qualità del servizio e che potrebbe
configurarsi un danno erariale.
Ma ormai la maschera è stata
gettata: rispetto alla concezione del ruolo dell’amministratore
pubblico c’è uno scarto culturale prima che politico incolmabile. Per
colui che –ancora- riveste i panni dell’amministratore pubblico’ è
sovranamente irrilevante la qualità dei servizi e l’efficienza del
servizio: sarà il privato ad occuparsene.
Da amministratori a liquidatori. L’amministratore pubblico non è più l’amministratore della cosa pubblica.
E’ in atto la transizione
verso uno Stato irresponsabile dell’interesse generale e del bene
comune. E a questo scopo serve la distruzione della Costituzione in atto
da 10 anni (il riferimento temporale è all’infame legge biagi che
attacca al cuore il diritto del lavoro).
E’ in atto il suicidio del
Comune che, terminata la svendita semplicemente chiuderà i battenti
mentre gli amministratori che meglio si saranno distinti si riciclano
–come ben si vede- nei consigli di amministrazione dei gestori dei
servizi.
Ci congratuliamo con il Sindaco per la franchezza e con Vice sindaco per i funambolismi contabili.
Ci rimangono l’indignazione e il radicale dissenso.